Putignano - Tourism, history, food and wine, art and culture.
Intervista a Mimmo Castellano il disegnatore della Maschera di Farinella
"Io e Farinella di Mimmo Castellano"
Lavoravo part time nel pomeriggio presso la più grande tipografia di Bari che era la ditta Favia, specializzata in santini e calendari religiosi. Una volta mi toccò fare, tra l'altro, un calendario che illustrava i 13 miracoli di S. Antonio.
La figura del grafico non esisteva e il riferimento per il committente era la tipografia. Allora non esisteva nemmeno la parola "grafico", almeno nel Sud, anche se al nord cominciava a delinearsi la professione con l'importazione degli svizzeri nello studio Boggeri. Eravamo agli inizi degli anni '50”.
Da Favia si presentò il comm. Elefante, presidente del Carnevale di Putignano, allora molto in auge, abbinato persino alla lotteria di capodanno, lanciata dalla novella Rai che era in effetti il centro propulsore della cultura nel paese. Voleva un manifesto a colori, grande e prestigioso per la manifestazione. Ci sedemmo intorno ad un tavolo e cominciammo un briefing, come si dice ora, ma non lo sapevamo. Esisteva una maschera tipica del carnevale: Farinella, ma dalla descrizione del commendatore risultava una specie di ubriacone sbrindellato senza caratteristiche particolari se non la miseria.
Mi immaginai invece una fusione tra la maschera di arlecchino e un Jolly, con il suo cappello a tre punte e i campanelli, di comune con la maschera descrittami c'era solo il volto rubizzo e il naso rosso.
La mia idea comunque piacque nonostante lo stravolgimento etnico praticato.
Si fecero dei manifesti 100x140, ed allora era un'impresa, perchè questa tipografia stampava allora in litografia. Non quadricromia, già diffusissima in tutto il paese ma non nel Sud, ma questo è un altro discorso.
Dopo un tempo pressochè enorme, quasi mezzo secolo, in uno dei miei ritorni periodici al Sud ebbi la sorpresa di vedere il manifesto del Carnevale nella sua evoluzione attraverso il tempo. Aveva innanzi tutto cambiato paternità, l'attuale padre risultava un certo signor Armando Genco e avevano tentato di portare la figura originale in 3D insieme ad una grafica paesana e confusa.
Essendo ormai un signore con molto tempo a disposizione, parafrasi elegante in political correct per definire un professionista disoccupato, in onore alla definizione del mio laboratorio (sul mio biglietto il mio attuale lavoro è descritto come: "Laboratorio di comunicazione dell'immagine". La grafica , il design, la fotografia e l'archigrafica nelle attuali concezioni di progettazione digitale) mi divertii a ridisegnare il manifesto, innanzi tutto per rendere il messaggio leggibile rispetto alla confusione della versione attuale e quindi rivisitare questo mio primo personaggio giovanile alla luce delle nuove tecniche che oggi abbiamo disponibili.